Cronache giallorosse 

Pensieri ed emozioni dagli spalti della Sud

Da un ascensore all'altro (via Olimpico)
(postato su it.sport.calcio.roma il 23.10.2002, il giorno dopo Roma-KRC Genk 0-0 di Champions League)

Costretto da inattese esigenze di lavoro a passare - per la prima volta in vita mia - un periodo lontano da Roma, e quotidianamente dedito a fare il conto alla rovescia verso il giorno che - tra qualche mese - mi vedrà finalmente e nuovamente ristabilito sul suolo natio, va da sè che ogni venerdì pomeriggio mi ritrovo a versare una fetta del mio stipendio alle F.S., per guadagnare l'accesso a un mezzo che mi permetta di azzerare - per l'intero weekend - quei quattrocento e passa chilometri che durante la settimana lavorativa mi separano dalla mia città.
E fin qui tutto facile, giacché le partite di campionato si svolgono il sabato o la domenica.
Assai meno banale riuscire a non mancare gli appuntamenti all'Olimpico del martedì, ovvero a trovare il modo di essere a Roma nel tardo pomeriggio di un giorno feriale, per rimaterializzarmi poi sul luogo di lavoro il mattino dopo... ma si sa, la magica è la magica, la Champions League l'hai sognata per troppi anni, e quindi spazio ai miracoli. Spari una balla per uscire presto dal lavoro, e via a macinar chilometri di Eurostar. Quaranta minuti di ritardo all'arrivo a Termini, tanto per rendere ancor più folli i tempi giù stretti, un passaggio straveloce a casa, più per una boccata d'aria amica che altro (sciarpa giallorossa e biglietto del match - manco a dirlo - li avevi già dietro da giorni per sicurezza), quattro mandate a richiudere la porta e via di corsa.
Arrivato a piano terra ti accorgi di esserti dimenticato la patente.
Meglio perdere altro mezzo minuto che rischiare un controllo sprovvisto di permesso alla guida, e rischiacci il pulsante numero cinque per tornare su in casa. Ovviamente tra il secondo e il terzo piano - per la prima volta in vita tua - rimani chiuso in ascensore, con la cabina che si pianta lì a metà e non vuol saperne di ripartire né verso l'alto né verso il basso, neanche quando ti avventi sulla pulsantiera e componi in trenta secondi netti tutte le possibili combinazioni di pressione contemporanea o in sequenza dei tasti disponibili.
Le sette meno dieci. Miseriaccia quanto è tardi. L'esseoesse che lanci risuona per la tromba delle scale fino all'atrio del pianterreno, e ha la fortuna di incappare subito in una persona appena entrata nel palazzo. Dai, che forse Dio c'è. Quella però non ha la minima idea di come si manovri manualmente un ascensore in tilt (veramente non ce l'ho neanch'io) e dice che l'unico che può saperlo è l'amministratore che abita al palazzo di fronte.
Stia tranquillo che lo vado subito a chiamare. Osantamadonna, e se quello - che so io - sta al cinema, o dal barbiere, o chissàdove, a me chi mi tira fuori di qui? Stai a vedere che mi faccio quattrocento+quattrocento chilometri in dodici ore all'unico scopo di vedere la partita, per ritrovarmi a farmela raccontare al telefonino comodamente seduto nell'ascensore di casa mia. E magari mi tirano fuori in tempo per vedere i goal in TV allo speciale delle 23.30. Stupendo.
La tipa torna dicendo che l'amministratore era in casa e arriva subito. Ok, se Dio c'è è pure della Roma.
Le sette e dieci, e 'sto tizio arriva. Sale le scale fino all'altezza della cabina e, una volta giunto a portata di dialogo con me, inizia ad interrogare un immaginario interlocutore (non so, forse un suo personale aruspice) sul perché, per la prima volta nella storia di quel palazzo (non dico niente), sia accaduto un guasto tale da fermare l'ascensore: "Sarà forse per i lavori al quadro elettrico che hanno fatto venerd... no, forse era mercoledì, mi confondo con quelli del gas che sono venuti due giorni dopo... strano però, al collaudo sembrava tutto a posto, non come quella volta che..." Guardi, non per essere scortese, 'sti cazzi del perché sia successo, io avrei un impegno, potremmo mica riparlarne un'altra volta e intanto adoperarci per aprire 'sta porta del piffero? Sì ma non si innervosisca, ora salgo al vano ascensore e attivo i comandi manuali, vedrà che facciamo subito, eccetera. Passano altri dieci interminabili minuti, nel corso dei quali immagini il tizio in questione alle prese con polverosi cavi attorcigliati e fossilizzati dal decennale non-utilizzo, e poi la cabina inizia a scendere al vertiginoso ritmo di un millimetro al minuto. Fai passare voce tramite gli inquilini che nel frattempo hanno popolato le scale: vada più veloce o facciamo notte, please. Sì ma quando arriva al piano lei non si muova finché la cabina non è ferma. Va bene ma faccia presto, porca puttana. In certi casi la diplomazia e l'aplomb non sono il mio forte.
Le sette e mezzo, e finalmente quella maledetta cabina si allinea al livello del secondo piano. Una pressione decisa (eufemismo) sulla maniglia, e nel giro di dodici secondi netti sei col piede fisso sull'acceleratore della tua macchina. Vai bella, fammi vedere che quelli per la revisione di luglio son stati soldi ben spesi. Un quarto d'ora a manetta e sei a parcheggiare a chilometri dall'Olimpico, ma hai paura ad avvicinarti di più per evitare di finire nel gorgo della classica fila tipo le-quindici-macchine-davanti-a-te-cercano posto. Tanto ormai hai vinto, per anni hai sperimentato i tempi di percorrenza a piedi di tutti i percorsi attorno allo stadio e sai che hai tutto il margine necessario.
Avvicinandoti al foro italico noti che della solita fila di macchine di cui sopra non c'è neanche l'ombra, e lungo i marciapiedi scorgi clamorosi spazi vuoti in punti dove solitamente il parcheggio è proibitivo già due o tre ore prima della partita. Capito l'antifona, oggi siamo meno di quanto pensassi. Fanculo alla TV, io per le partite casalinghe sono da sempre per l'abolizione delle dirette, a pagamento o in chiaro che siano. Non vieni allo stadio? Ti accontenti del servizio coi goal e le interviste al TG della notte, bello mio. Ma 'sto bel calcio moderno va esattemente nella direzione opposta, ormai quelli strani siamo noi che non ci accontentiamo di stare davanti allo schermo. Fa niente. Alle otto e trenta varchi i cancelli, e sbuchi dalle scale nell'esatto istante in cui parte la voce di Zampa, ovvero nel momento in cui tutti si alzano in piedi e applaudono, e sei tentato di dire "grazie grazie, state pure comodi".
Ti siedi al tuo posto di sempre, ti fa un po' strano essere in trasferta all'Olimpico. A proposito, pensi che di partite infrasettimanali tra poco ne capiteranno due di fila, non bastava la coppa, ci mancava solo il recupero di campionato di mercoledì... non hai più l'età per certi strapazzi, se continua così alla fine del girone d'andata ti ricoverano...
Al mattino dopo la stanchezza per la trasferta annega nella schiuma di un cappuccino, e dopo tre ore di eurostar sei di nuovo in ascensore. Ma stavolta stai salendo in ufficio, e quindi la cabina non trova nessun intoppo, anzi la salita al settimo piano è più gagliarda che mai. Fa niente, ti metti al lavoro sereno, tanto tra due giorni è venerdì, e sarai di nuovo in viaggio per Roma.

Come?
Ah certo, la partita.
Zero a zero, dite?
Risultato deludente?
Mah, vi dirò di più, risultato ingiusto, perché le occasioni clamorose di segnare le hanno avute loro, e meritavano i tre punti.
Pazienza, ce la giocheremo col Real Madrid al Santiago Bernabeu (partita da 1X2), e male che vada il dodici di novembre si massacrano i greci.
Daje, e Forza Roma.

Fil, 23 ottobre 2002


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